torre delle milizie

Indirizzo: Largo Magnanapoli

Situata in via Quattro Novembre, nell'area compresa tra la Chiesa di S. Caterina e il Complesso dei Mercati di Traiano, la torre delle Milizie rappresenta una delle più importanti testimonianze dell'edilizia medioevale civile pervenute a noi attraverso i secoli. Contrastanti e molteplici sono le versioni sulla sua edificazione. Sicuramente l'area, alle estreme propaggini del colle Quirinale, era già  in età  romana sede di santuari e di insediamenti abitativi. Nel centro dello slargo denominato Magnanapoli sono ancora oggi visibili i resti di un tratto delle cosiddette Mura Serviane attribuiti alla Porta Sanqualis.

Sull'origine del nome «Milizie» anteriore alla presenza della torre sono state formulate varie ipotesi: da"Miliciae Tiberianaes" menzionate nell'Ordo Benedicti; postazioni militari delle milizie romane; all'edificio detto «Militiae Tiberianae» nei «Mirabilia» del Tractatus de rebus antiquis et situ urbis Romae, Palatia Urbis Romae, di Paolo Vergerio il Vecchio. Più propensi ad attribuire l'origine della denominazione alla presenza di un presidio medioevale e non romano sono il Moroni nel Dizionario, Flavio Biondo nella Roma instaurata, Ferrante Vicentino nella Storia.
àˆ comunque molto probabile che precedentemente all'erezione della torre che, fece parte di una fortezza, dovesse esistere nello stesso sito un altro caposaldo difensivo e che agli inizi del secolo XIII come narra l'Adinolfi «sedendo Gregorio IX, di casa Conti, fu rifabbricata, e dai figli di Pietro di Alessio, viventi intorno al 1232 venne risistemata». Secondo lo stesso autore, a seguito dei danneggiamenti provocati da Brancaleone degli Andalò nell'anno 1257, fu acquistata da papa Bonifacio VIII dalla famiglia Caetani che provvide al «gran restauro della torre», e ad attrezzarla a difesa contro i Colonna, proprietari di costruzioni turrite e palazzi nella zona.
Da un documento dell'anno 1296, citato dal De Logu nel suo articolo Castelli e Palazzi. La nobiltà  duecentesca nel territorio laziale, apprendiamo che sotto l'edificio si trovava un palazzo con sala camera e loggia, ove «... i signori Annibaldi e poi Caetani ricevettero e compirono gli atti di domino».
Per la sua rassomiglianza nella cortina laterà­zia con la vicina torre dei Conti, la costruzione è stata attribuita da alcuni studiosi a papa Innocenzo III della famiglia dei Conti.
Da papa Bonifacio VIII passò a suo nipote Pietro Caetani, cont di Caserta, che fu proprietario dell'edificio medioevale fino al 1303 e che ebbe l'appellativo di Dominus Miliciarum Urbis.
Agli inizi del secolo XIV, l'imperatore Enrico VII giunse a Roma e costrinse Anibaldo Anibaldi, che si era impadronito della torre, a cedergliela insieme a quella di S. Marco ed al Colosseo. Egli vi risiedette all'incirca per due mesi (maggio e giugno) nell'anno 1312, lasciando tuttavia ai Caetani il diritto di proprietà  sulla medesima. Nel 1321 il senatore di Roma, Roberto d'Anjou ottenne la potestà  sulla torre permutando alcuni suoi beni con i Caetani, ciononostante l'anno seguente, secondo il Tomassetti, Benedetto Caetani, tornato proprietario dell'edificio, lo lasciava in eredità  al figlio Bonifazio. Nel 1334, l'Amadei riferisce che versava in cattive condizioni statiche, sia per i frequenti assalti dei nemici sia per gli attacchi dei fulmini. Nella notte tra il 9 e il 10 settembre 1348, il terremoto che produsse molti danni nella città  e nella torre dei Conti, provocò la caduta al suolo del terzo piano, e originò un cedimento del terreno, che fu la causa dell'inclinazione ancora visibile.
Sotto il pontificato di Martino V (1417-1431) la torre e gli edifici adiacenti appartennero alle famiglie Conti e Colonna.
Il 19 maggio 1546 "Girolamo Conti abate di S. Gregorio, Federico, suo fratello, si dividono la zona ed il palazzo di loro possesso, comunemente detto delle Milizie", arbitrò la divisione dei beni Domizio Cecchino, confinante con la proprietà  dei Conti.
In quegli anni Raffaello Sanzio, in una lettera a papa Leone X, citava la torre delle Milizie, quale esempio di costruzione realizzata utilizzando resti di edifici antichi: «scrostavano li muri antichi per torre le pietre cotte, e pestavano li marmi e con essi muravano, dividendo con quella mistura le pareti .. come ora si vede a quella torre che chiamano della Milizia».

L'Armellini narra che nel 1563 fu edificato da Porzia Massimi, entrata nell'Ordine domenicano con il nome di suor Maria Vittoria, il monastero di S. Caterina che «divenne in breve tempo si` ampio che abbracciava tutta l' area della via attuale di Magnanapoli e l'area stessa dove sorge oggi l'albergo Laureati». L'estensione del convento arrivava fino al palazzo del principe Giovan Battista Conti, proprietario anche della torre delle Milizie.
Quando fu eletto papa, Sisto V ordinò la demolizione di una parte del monastero per consentire la creazione di un tratto di strada coincidente con la porzione terminale di via Nazionale.
Fino al 1572 la proprietà  della torre rimase a Girolamo e Federico di Stefano de' Conti.
Nel 1574, le Terziarie di S. Caterina, che si erano dovute adattare ad ambienti più angusti, ottennero una parte delle costruzioni risparmiate dalla demolizione e finalmente il 26 marzo 1619 comprarono per 1800 scudi da Camillo de' Conti la torre con il palazzo ed il giardino.

Il 24 febbraio del 1628 papa Urbano VIII autorizzava la costruzione della chiesa di S. Caterina il cui progetto veniva realizzato da Giovanni Battista Soria. Quest'ultima fu presto ampliata di dimensioni, provocando dei danni alla vicina torre. Un'iscrizione conservata all'interno dell'edificio medioevale, ci informa che «a dì 12 dicembre 1698 esser piombata la torre per di dentro dalla cima fino al masso incontro la. . e si trovò di trapiombo palmi due et un sesto» Un'altra iscrizione, ancora in parte visibile ai piedi della scala che conduce alla terrazza, ricorda i lavori di rinnovamento che furono compiuti nel 1782 da Suor Maria Costanza Bolognetti e da una suora Camerlenga, sulla"struttura della antica scala" allora quasi del tutto rovinata, per consentire alle religiose di S. Domenico "singolar godimento" del panorama della città .

Meno di un secolo più tardi, la torre delle Milizie insieme al monastero di S. Caterina, verrà  indirettamente coinvolta nelle controversie sorte per la definizione delle soluzioni relative al proseguimento della Via Nazionale e del suo sbocco a Piazza Venezia, in ottemperanza alla Variante al Piano Regolatore del 1873. Largo Magnanapoli costituiva infatti l'ultimo nodo di traffico, prima di piazza Venezia, sul quale tecnici dell'Amministrazione capitolina ed illustri professionisti si cimentarono con i loro progetti. Nel giugno del 1876 fu approvata la soluzione del percorso attuale, che risparmiava il monastero. Pochi anni dopo, nel 1888, l'area di Magnanapoli era nuovamente al centro dell'interesse generale per il concorso della nuova sede del Parlamento. Il 30 ottobre dello stesso anno, non avendo dato il primo concorso esiti positivi, fu pubblicato un secondo bando nel quale si faceva un'accurata descrizione del sito di Magnanapoli ove doveva sorgere il palazzo del Parlamento. Per far spazio a quest'ultimo, erano previste numerose demolizioni e l'unico edificio che veniva risparmiato era la torre delle Milizie. L'area interessata dal progetto si estendeva da via Nazionale a via Baccina, e da Via Mazzarino al Foro Romano e il palazzo da realizzare doveva"..essere completamente isolato mediante vie, le quali stabilivano una diretta e comoda comunicazione fra la via Nazionale e via Cavour "; anche questa volta il concorso si concluse solo con proposte grafiche, le previste demolizioni non furono eseguite e la torre continuò a far parte del complesso conventuale fino al 1910. Successivamente, come apprendiamo da documenti conservati nell'Archivio Storico della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici del Lazio, iniziarono i lavori di scavo (con apertura di profondi cavi) connessi al progetto di isolamento della torre medesima. Tali lavori favorirono l'allagamento ripetuto delle fondazioni nelle quali presto si evidenziarono delle lesioni, in special modo nei pilastri; la pendenza dell'edificio, si accentuò, mentre nella chiesa di S. Caterina si riscontrarono fessurazioni nelle volte e in facciata.

I lavori di restauro, diretti dal prof. Munoz si conclusero nel dicembre del 1914 e consistettero in opere di consolidamento dei quattro lati della fondazione della torre, sistemazione dello scolo dei pluviali, isolamento della chiesa dallo spigolo della torre. Precedentemente il 5 novembre del 1911 era stata concordata tra l'Amministrazione del Fondo Culto e quella del Demanio una permuta di locali dell'ex monastero di S. Caterina, con conseguente loro assegnazione per la demolizione al Ministero della Guerra e dell'Istruzione Pubblica, che doveva procedere all'isolamento della torre, dichiarata monumento nazionale. Da parte sua, il Demanio dello Stato avrebbe ceduto al Fondo per il Culto il coro dietro la chiesa di S. Caterina, nonchà © la cappella dedicata alla Santa con i vicini locali e la scala. Il Ministero dell'Istruzione Pubblica, una volta che l'edificio medioevale fosse stato liberato dai fabbricati circostanti doveva cederlo in uso all'Amministrazione Militare che l'avrebbe utilizzato per le esercitazioni.

Nei novembre del 1927 il Demanio dello Stato cedette «per scopi archeologici» al Governatorato di Roma la torre delle Milizie con l'annesso giardino, l'ex caserma di S. Caterina e la parte del convento che prospettava sulla Salita del Grillo. Iniziate nello stesso anno le opere di demolizione della caserma sotto la direzione di Corrado Ricci, vennero alla luce importanti resti di età  romana, identificati in seguito come i Mercati di Traiano. I lavori di restauro di tutto il complesso si protrassero fino al 1929. Un articolo del Giornale d'Italia di quegli anni ci informa che durante le demolizioni nell'area circostante la torre Antonio Munoz e Marcello Piacentini non si trovarono d'accordo sulla conservazione della chiesa di S. Caterina. Il secondo infatti ne avrebbe desiderato la demolizione argomentando «Volendo lasciare la chiesa di S. Caterina dovremmo rinunciare... al meraviglioso quadro che si otterrebbe con la sua demolizione e con il nuovo tracciamento curvo della via Nazionale». Fortunatamente prevalse l'opinione di Munoz... e con essa, il buon senso! In occasione dei lavori di valorizzazione del vasto complesso traianeo, sorse un'altra polemica sulla stampa (La Tribuna dell'11 e del 14 settembre 1930) tra il Prof. G. Lugli ed il Sig. Di Nardo sulle origini della torre medioevale, da alcuni ritenuta di età  romana e dalla quale Nerone avrebbe assistito all'incendio di Roma. Il prof. Lugli concludeva la disputa rispondendo al Di Nardo, sostenitore della tesi sulle origini romane che "...la torre famosa dalla quale Nerone vide il terribile incendio del 64 d.C. era situata nei giardini di Mecenate (Orazio, Carm. III, 29,9 e Svetonio, Nerone, 31). Ora detti giardini erano sull'Esquilino e nessun trattato di Topografia Romana che, io sappia, li fa estendere fino al Quirinale. . . ".

IPOTESI RICOSTRUTTIVA E STATO ATTUALE

A pianta quadrata, l'edificio è costituito da tre corpi sovrapposti che presentano una rastremazione progressiva verso l'alto, con sviluppo a «cannocchiale». Quale dovesse essere la configurazione originaria della torre è possibile desumere da antiche incisioni che riproducono vedute della città  con i suoi principali monumenti. In una miniatura di anonimo del 1447 che illustra il c. 31 del Dittamondo di Fazio degli Uberti, la torre, contraddistinta con il nome di «Militiae», è raffigurata entro un vero e proprio fortilizio, il cui ingresso è orientato verso le Terme. L'edificio è racchiuso da una cinta di mura merlate nel cui perimetro sono inseriti altri sei corpi turriformi di dimensioni più ridotte. La struttura della torre, appare costituita da un unico blocco. In una incisione più tarda (del 1550 circa) che ritrae il panorama di Roma preso dalle Terme costantiniane, la torre è riprodotta invece nel suo sviluppo a «cannocchiale» e consta di tre parti, di cui la più alta appare parzialmente diruta. Nella porzione inferiore presenta solo murature liscie nelle quali si aprono feritoie; superiormente gli angoli sono smussati, le pareti sono rinforzate da tre sottili contrafforti e risultano quasi prive di aperture, il coronamento come già  riferito, è semidistrutto, la cinta fortificata non è più visibile. Spesso la torre delle Milizie è stata ritratta in modo identico a quella dei Conti; nell'incisione di Giovanni Maggi del 1625, edita da Paolo Maupin e da Carlo Losi, le due costruzioni sono infatti riprodotte con uguale struttura. La rassomiglianza tra le due fabbriche fu causa di confusione per alcuni vedutisti; così nel Panorama di Roma di Martino Van Heemskerck del 1534, la torre che nell'incisione è indicata come "de lie Militiae" è in realtà  quella dei Conti.

Allo stato attuale l'edificio, ad eccezione di alcuni interventi di restauro alla base, non mostra grandi differenze rispetto a come risultava essere alla fine del sec. XVI. Realizzato nella parte inferiore in massi di tufo presenta quivi visibili porzioni di restauro, superiormente è invece in cortina laterizia con coronamento a merli, anch'esso di restauro. Il terzo piano è ridotto a poco più di un moncone. Internamente la muratura è a parallelepipedi di tufo, che sono irregolarmente alternati a fila ri di mattoni. Questa particolare caratteristica di rivestimento esterno in cortina laterizia ed interno in blocchetti di tufo, lo troviamo in altre costruzioni turrite della zona, tra le quali ricordiamo la torre dei Capocci in Via Giovanni Lanza. Corrado Venanzi fa risalire l'uso del tufo nelle cortine murarie all'epoca di papa Innocenzo III (1198-1216); tale tecnica costruttiva fu favorita dalla facilità  di reperire detto materiale nell'area romana, quando invece i mattoni, ampiamente usati nei secoli precedenti, cominciavano a scarseggiare.

Al piano terreno (rialzato di alcuni metri rispetto all'esterno) sono internamente visibili alle pareti iscrizioni, ed una piccola edicola sacra, che risalgono al periodo in cui la torre era parte integrante del monastero di S. Caterina. Una scala in legno (realizzata in epoca moderna), che corre sui quattro lati perimetrali della costruzione, collega il piano terreno alla terrazza. Lo spazio all'interno è continuo, non presenta diversificazioni in corrispondenza del restringimento della struttura; unici elementi di interruzione della continuità  delle murature sono le profonde strombature delle feritoie e alcuni stretti vani (probabili celle del monastero) ricavati nello spessore della muratura, comunicanti con l'esterno.

Testo di ANNA MARIA CUSANNO