Fontana del Mose

Indirizzo: Piazza di San Bernardo

Costruita su desiderio di Papa Sisto V (1585-1590) allo scopo di rifornire d'acqua i rioni alti della città  e la propria Villa Montalto che vasta si estendeva sui colli Viminale e Quirinale, per il suo approvvigionamento idrico ebbe bisogno della realizzazione di un nuovo acquedotto che in parte riutilizzava l'antico Acquedotto Alessandrino, fatto erigere dall'imperatore Alessandro Severo nel 222-226 d.C., le cui sorgenti si trovavano in località  Pantano Borghese, sulla Prenestina. L'esecuzione dell'opera ebbe un andamanto pittosto travagliato, poichà © inizialmente affidato a Matteo Bortolani, il quale commise però gravi errori di calcolo, tali da impedirne il regolare efflusso delle acque lungo le condotte.

La commessa venne perciò affidata all'architetto Giovanni Fontana, che condusse felicemente a termine nell'arco di due anni la costruzione dell'acquedotto Felice (così chiamato dal nome di battesimo di Papa Peretti) che fu inaugurato il 15 Giugno 1587 nell'allora porta della vigna dei Ponziani, a Santa Susanna (oggi piazza San Bernardo) dove il pontefice aveva già  fatto costruire un bacino provvisorio.

La grande fontana-mostra dell'acqua Felice, la cui costuzione era iniziata l'anno precedente venne inaugurata nel 1587 per opera dell'architetto Domenico Fontana, forse in collaborazione con il fratello Giovanni.Infatti, una iscrizione posta sotto la grande cornice dell'attico cita:

"IOANNES FONTANA ARCHITECTVS EX PAGO MILI AGRI NOVOCOMENSIS AQVAM FELICEM ADDVXIT"

Costruita in travertino, in gran parte proveniente da"anticaglie di Termini" (forse le antiche Terme di Domiziano), la grande fontana sistina è ornata da quattro colonne ioniche, "due di cipollino e due di breccia grigia" che con i contropilastri sorreggono l'architrave sul quale sorge l'attico sormontato da un' edicola contnete lo stemma papale sorreto da due angeli e affiancato da due piccoli obelischi. Una grande iscrizione sull'attico cita: "SISTVS V PONT. MAX. PICENVS/AQVAM EX AGRO COLVMNAE/VIA PRAENST. SINISTRORSVM/MVLTAR. COLLECTIONE VENARVM/DVCTV SINVOSO A RECEPTACVLO/MIL. XX A CAPITE XXI ADDVXIT/FELICEMQ. DE NOMINE ANTE PONT. DIXIT". (Sisto V Piceno, Pontefice Massimo, dall'agro Colonna sulla via Preneste, portò l'acqua raccogliendola da molteplici sorgenti dal 20esimo al 21esimo miglio, per mezzo di un condotto sinuoso, tale condotto fu chiamato Felice dal nome del papa prima che egli venne nominato Pontefice).

Sotto l'altissimo attico si aprono tre grandi nicchie scandite dalle quattro colonne che sono in simmetria con altrettanti leoni egizi posti sulle vasche e i cui originali (due di porfido e due di marmo statuario) provenivano dal Pantheon e dall'ingresso centrale della basilica di S. Giovanni in Laterano dove sostenevano i fasci di colonne fiancheggianti la porta. Essi furono fatti trasferire da Gregorio XVI (1831-1846) nei Musei Vaticani e vennero sostituiti con copie eseguite dallo scultore Adamo Tadolini. La bella balaustra marmorea apparteneva ad un edificio del tempo di Pio IV, come risulta dalla iscrizione. Il rilievo della nicchia di sinistra raffigurante «Aronne che guida il popolo ebreo a dissetarsi» è opera di Giovan Battista della Porta; il rilievo di destra con «Giosuè che fa attraversare agli ebrei il Giordano asciutto» si deve a Flaminio Vacca e a Pietro Paolo Olivieri autori anche del fregio con lo stemma di Sisto V fra due angeli. La massiccia statua in travertino nella nicchia centrale raffigura Mosè che con la destra protesa indica le acque miracolosamente scaturite dal sasso per dissetare il popolo d'Israele, è dovuta a Leonardo Sormani, con la collaborazione di Prospero Antichi, detto il Bresciano, al quale fino a pochi decenni addietro era stato attribuito l'esclusivo e assai scarso merito dell'opera. A parte infatti l'anacronismo delle Tavole della Legge che il personaggio biblico sostiene con la mano sinistra e che invece non aveva ancora ricevuto all'epoca del prodigio delle acque, è certo che i romani, molto sensibili in materia d'arte, trovarono la statua tozza e grottesca: biasimarono il gesto enfatico delle mani, l'aspetto tronfio, il drappeggio goffo del pesante paludamento e lo battezzarono il «Mosè ridicolo»! Alle pesanti critiche fecero riscontro alcune pasquinate, una delle quali così descrive il Mosè:

"Guarda con occhio torvo l'acqua che sgorga ai pià © pensando inorridito al danno che a lui fe' uno scultor stordito."