Magazine dicembre 1998

Trimestrale di informazione e di discussione culturale a cura dell'Archeoclub di Roma

feriae latinae novae

L'idea di ridare vita alle Feriae Latinae, l'antichissima festa annuale dei popoli del Lazio, è stata dei consoci delle sedi Archeoclub Ardeatino-Laurentina e di Aprilia. L'Archeoclub di Roma (che da sei anni ha"ripristinato" l'altrettanto antichissimo rito degli Argei) l'ha immediatamente condivisa e ha quindi preso parte attiva alla preparazione e allo svolgimento di quella che è stata considerata come una sorta di "prova generale" o di vera e propria"anteprima" della festa resuscitata. Duplice lo scopo dell'iniziativa. Da una parte, quello, già  proprio della festa antica, di mantenere viva (e, nel nostro caso, di risvegliare) la"coscienza di sà ©" (delle proprie radici, del proprio passato, delle proprie tradizioni) tra gli abitanti di quella porzione dell'odierno Lazio che corrisponde al Latinum Vetus, il Lazio latino; cioè i territori della fascia tirrenica compresa fra il Tevere e Terracina. Dall'altra quello di richiamare l'attenzione degli stessi abitanti e soprattutto delle "autorità  competenti" (dello stato, della regione, della provincia e dei comuni), su quelli che dovrebbero essere i "luoghi sacri" alla memoria del Lazio e che, invece d'essere "venerati" e valorizzati come tali, giacciono generalmente negletti, misconosciuti e, comunque privi di significato; nella maggior parte dei casi, ancora da"riscoprire" in tutto quello che di essi è rimasto e giunto fino a noi. Per quanto attiene alle caratteristiche - e alla storia - della festa (celebrata da tempi antichissimi e fino alla fine dell'evo antico), non è il caso d'addentrarsi nel complesso e complicato problema delle sue origini e nel dedalo variegato della sua più che millenaria vicenda. Quello che conta è che si tratta d'una cerimonia solenne con la quale, ogni anno, le diverse comunità  della nazione latina - che per l'occasione mettevano da parte rivalità  e inimicizie e interrompevano eventuali guerre fratricide - rivendicavano la propria unità  di sangue, di lingua, di cultura, di tradizioni. Teatro principale dei riti religiosi era la vetta del Mans Albanus (l'odierno Monte Cavo) - la"montagna sacra" del Lazio - dove in onore di Giove (Iuppiter Latiaris) veniva immolato un bue bianco le cui carni erano poi consumate in un "banchetto sacro" dai rappresentanti di tutte le comunità : mangiare di quelle carni, in una sorta di "comunione rituale", significava, automaticamente, far parte del nomen Latinum, la"nazione" del popolo latino. La celebrazione delle "nuove" Feriae Latinae, come sono state ribattezzate (Feriae Latinae Novae), si è svolta in tre "momenti" successivi durante la giornata del 25 ottobre. Al mattino, nell'affollatissima sala comunale dei convegni di Albano, dopo il saluto dell'assessore della cultura, dott. Chiara Bugliosi, il prof. Romolo A. Staccioli, della"Sapienza", ha illustrato il significato e i tempi della festa antica e i propositi e i modi della sua"riedizione", mentre il direttore del Museo Albano (che quest'anno celebra il XXV della sua istituzione), dott. Pino Chiarucci, ha parlato del ruolo di Alba Longa nella formazione della"nazione" latina. Esponenti di diverse associazioni hanno poi brevemente richiamato l'attenzione sui problemi della salvaguardia del patrimonio storico-culturale locale e l'assemblea a ha approvato una mozione della quale pubblichiamo il testo a parte. Un "concerto" di strumenti antichi del gruppo Synaulia, diretto dal maestro Walter Maioli, ha chiuso la prima parte della manifestazione. I partecipanti si sono poi trasferiti con auto e pullman, sulla cima di Monte Cavo, completamente avvolta nella nebbia, dove, con squilli di tromba e un breve percorso sui basoli della"via sacra" sono stati rievocati l'antico santuario di Giove e il sacrificio del bue (mentre unanime è stata la deplorazione per lo stato di degrado e di "inquinamento" da antenne, ripetitori e tralicci d'ogni genere che hanno trasformato l'antico Monte Albano in un moderno Monte Antenne). Quindi tutti sono discesi verso la piana pontina dove, presso un'azienda agricola sulla strada di Ardea, hanno consumato un rustico ma sostanzioso banchetto con la carne rituale e cibi rigorosamente "compatibili" con l'antichità  (fino ai dolci a base di miele), naturalmente innaffiati dal vino che, per fortuna, già  in antico aveva preso il posto, nelle libagioni, del latte delle origini. Alla fine del banchetto, i musicisti e i danzatori del gruppo Synaulia hanno allietato i commensali con un'ammirata e applaudita esecuzione di diversi numeri del loro repertorio. Quanto al secondo scopo della rinata celebrazione delle Feriae, l'assemblea dei partecipanti ha scelto come possibile obbiettivo di specifica attenzione - tra quelli che testimoniano ancora dell'identità  del Lazio latino - il santuario di Diana Aricina (o Nemorense). Pertanto, con l'ordine del giorno approvato ha ritenuto di dover indicare l'area archeologica interessata.