PONTE SANT'ANGELO O PONTE ELIO

Indirizzo: Lungotevere Castello

La costruzione del ponte Elio, noto in antichità  come Pons Hadriani, nel Medioevo come Pons Sancti Petri e oggi come Ponte Sant'Angelo, fu progettato probabilmente dallo stesso imperatore P. Aelius Adrianus nel 121 d. C. e inaugurato nel 134. L'imperatore lo volle per poter accedere al proprio mausoleo sulla sponda destra del Tevere affidandone la costruzione all'architetto Demetriano nell'anno 136 d. C. All'origine il progetto rappresentò non solo la scenografica via di accesso al mausoleo di Adriano, ma anche una struttura funzionale in relazione alle ricorrenti alluvioni del Tevere. Il ponte è molto solido ed esso non ha mai subito danni a causa di piene del Tevere. Al ponte è attribuito un episodio avvenuto durante il Giubileo del 1450. E' scritto nel Diario di Stefano Infessura che nel "sabbato 19 dicembre 1450, tornando il popolo da S. Pietro, dove si era mostrato il Sudario e, data la benedizione da papa Niccolò V, avvenne la terribile sciagura, che per la calca si ruppero le sponde del ponte e 172 persone perirono, in parte soffocate sul ponte stesso, in parte annegate nel fiume; onde quel papa all'ingresso del ponte fece edificare due picciole cappelle rotonde dedicandole a S.ta Maria Maddalena e ai Ss. Innocenti; poi restaurò il ponte, e perciò il suo nome "N[iccolò] P[ontefice] M[assimo] V" si legge sopra uno de'piloni nella faccia rivolta al Vaticano." Il papa allora per evitare che si ripetessero simili sciagure fece creare la piazza di Ponte, vicina alla chiesa di S. Celso. Le due cappelle rimasero fino al 1527, l'anno del sacco di Roma. Infatti il Papa Clemente VII chiusosi nel castello capì che le cappelle erano rifugi per gli archibugieri nemici verso chi si affacciasse dalle mura del castello. Così le cappelle furono distrutte e al loro posto nel 1535 vennero poste le basi marmoree per collocarvi le statue dei Ss. Pietro e Paolo, scolpite rispettivamente dal Lorenzetto e da Paolo Romano. Quando poi nel 1536 vi fu il solenne ingresso di Carlo V sul ponte vennero poste otto figure di Raffaello da Montelupo: dalla parte di S. Pietro i 4 evangelisti e dalla parte di S. Paolo i patriarchi Adamo, Noè, Abramo e Mosè. Nel 1668 Clemente IX fece poi collocare dieci statue di angeli, cinque per balaustrata. Trattandosi di una Via Crucis, ogni angelo reca un simbolo della passione di Cristo. Le sculture sono di allievi del Bernini. Nel 1892 per la costruzione dei muraglioni fu necessario portare la larghezza del fiume fino a 100 metri, così il ponte fu trasformato e assunse l'aspetto conservato fino ai nostri giorni. Alee tre arcate centrali furono aggiunti due archi minori in sostituzione di quelli minori. Tra le tante notizie storiche riguardanti il ponte giunte fino ad oggi una lo vede teatro dell'esposizione di cadaveri di condannati a morte, tra il 1480 ed il 1500, al fine preventivo verso i delinquenti. Si svolse nel 1500 la prima macabra"esposizione" pubblica e si tramanda che furono 18 gli impiccati appesi sul ponte, nove per ingresso.

Struttura e materiali

La struttura del ponte fu ideata per collegare il Campo Marzio con l'imponente edificio sepolcrale. Esso appare permeato dallo stesso rigore costruttivo del vicino mausoleo ed ha una chiara impostazione statica che ben rispondeva non solo al desiderio di conservare per l'eternità  la memoria dell'imperatore, ma al mantenimento del collegamento tra il Campo Marzio e l'estesa area di Largo Mutilati ed Invalidi di Guerra e del Palazzo di Giustizia. L'attribuzione di quest'area agli Horti Domitiae sembra confermata dai rinvenimenti archeologici effettuata durante lo scavo delle fondazioni del Palazzo di Giustizia; dalla lettura delle planimetrie rinvenute nei documenti di cantiere fu infatti accertata la presenza di magazzini, di edifici rurali e di estese opere idrauliche (purtroppo demolite per la costruzione dell'edificio) predisposte per il drenaggio delle acque degli antichi "prati", periodicamente invasi dalle falde sotterranee provenienti dalle colline dell'attuale Monte Mario e dalle frequenti inondazioni del fiume. E' interessante il fatto che le strutture originarie del ponte apparivano prima dei lavori del 1892-94 praticamente ancora intatte. La fondazione del ponte fu realizzata su pile opportunamente sagomate e realizzate mediante casseformi lignee, messe in opera e probabilmente ancorate alle sponde, durante il getto del nucleo in opera cementizia e scapoli di selce. Su di esse furono poggiate sei assise di travertino costituenti la platea di spiccato di ciascuna delle arcate del ponte. L'irregolare andamento delle ultime due di queste assise, orizzontali verso monte e salenti verso l'alto nel tratto a valle del ponte, è intenzionale. Esso appare come un elemento stabilizzante del piano d'appoggio della pila in quanto contrasta, con il maggior appesantimento della struttura verso valle, la corrente di piena del fiume. Casi eccezionali di fenomeni alluvionali furono previsti e fronteggiati con la predisposizione di altre cinque piccole arcate sotto le due rampe laterali di accesso al ponte. L'altezza complessiva delle fondazioni è di m 6,48.

I materiali utilizzati per la costruzione del Ponte Elio sono quelli tradizionali dell'architettura romana. Tra questi è prevalente l'uso del travertino di Tivoli e del peperino o tufo di Gabii, mentre il tufo bruno-compatto delle cave di Monteverde appare utilizzato, per le sue caratteristiche di durezza e leggerezza, solo come inerte degli impasti della massicciata di rinfianco delle arcate del ponte. Il metallo utilizzato per rendere solidale la struttura a blocchi fu il tradizionale ferro e per il fissaggio delle grappe e dei perni si utilizzò il piombo. La lavorazione dei materiali originari denota una notevole accuratezza. Il rischio di uno scatenamento orizzontale delle assise interne, disposte lungo la stessa direzione delle correnti fluviali, e quello della traslazione di una intera assisa sull'altra, fu contrastato mediante l'uso di perni verticali e di grappe orizzontali a doppia coda di rondine, fissate con la tradizionale colata di piombo fuso. Ad una lunga esperienza pratica è dovuta la studiata carenatura delle pile e dei citati contrafforti e gli pseudo-alettoni laterali allo spiccato degli arconi.

Una apparente anomalia costruttiva, l'andamento curvilineo dell'assisa terminale delle pile, sulla quale spiccano le arcate del ponte, fa supporre che i due filari di blocchi aggettanti sui lati delle pile di fondazione siano stati realizzati in funzione dell'azione idrodinamica della corrente del Tevere, specie durante le pericolose alluvioni che lo hanno caratterizzato. Il rialzamento dei filari e la fine della carenatura aggettante verso il retro della pila, potrebbero essere stati concepiti non solo come il citato tentativo di stabilizzare con un maggior peso il tratto a valle della stessa, ma come un accorgimento per provocare artificialmente una riduzione della velocità  dell'acqua. Osservando l'intera costruzione, emersa durante i lavori del 1893, si può notare che delle otto arcate originali, soltanto le tre centrali occupavano l'antico corso del fiume. Alla luce della raffigurazione del ponte Elio, in una copia di un medaglione originale di Adriano forse eseguita nel Rinascimento, sono raffigurate otto alte colone gravanti sugli speroni a valle e a monte delle pile di fondazione del ponte. La loro eventuale presenza fa supporre che l'architetto dell'epoca abbia voluto stabilizzare, con questo ulteriore peso, l'intera struttura del ponte. L'ipotesi si inserisce nella serie di continui accorgimenti statici da lui messi in opera per fronteggiare ulteriormente la spinta delle correnti fluviali. L'aumento della portata del fiume in occasione delle piene che periodicamente inondavano la città  di Roma suggerì, alla fine del secolo scorso, la creazione dei nuovi muraglioni e l'eliminazione delle strettoie rappresentate dagli antichi ponti. Il ponte Elio in quel momento presentava, completamente interrati, tre degli archi minori laterali destinati al deflusso delle acque di piena e al sostegno delle rampe d'accesso al ponte. L'idea di un prolungamento del ponte fu portata avanti con un progetto di ristrutturazione che prevedeva di lasciare in sito solo le tre arcate centrali e di sostituire le rampe originarie con due nuova grandi arcate, simili a quelle centrali.

Ma la costruzione delle nuove strutture non ha aumentato la capacità  di deflusso delle acque già  predisposte dall'antico costruttore , mentre al contrario ha turbato anche l'originario impianto statico delle tre residue arcate centrali, la cui stabilità  era garantita dalla messa in opera delle due robuste rampe laterali d'accesso al ponte.La demolizione di queste ultime fu avviata nel giugno del 1892 dall'impresa Francesco Medici.

La preoccupazione di un cedimento strutturale fu allontanata, dall'animo dei responsabili, con l'adozione di una serie di catene che purtroppo irrigidirono soltanto l'armatura lignea e non le arcate. A seguito del mancato appoggio laterale, fornito dalle rampe di accesso, si verificò una rotazione verso l'esterno del primo e terzo arcone, e l'insorgere infine di un reticolo di estesi stati lesionali sia nell'intradosso che sulle due fronti esterne del ponte. Il rilievo generale del ponte Elio, effettuato durante i recenti lavori, ha mostrato evidenti macrolesioni della prima arcata antica, in contrasto con l'ottimo stato delle nuove arcate laterali. Unitamente a questi stati alterativi sono stati notati altri fenomeni come il distacco di alcuni frammenti lapidei. I lavori per la demolizione delle rampe laterali arrecarono due tipi fondamentali di dissesto: quello statico e quello strutturale. E' chiaro che le deformazioni delle linee orizzontali e le rotazioni delle pile del ponte erano conseguenti ai lavori del 1892. Vi erano poi dissesti strutturali di interi tratti degli arconi originari in travertino della terza arcata (lato verso Castello), simmetrici a quelli della prima ( lato Tor di Nona) , e il loro stato suggerì un immediato intervento di consolidamento strutturale, che scongiurasse il rischio di caduta di una parte dell'estradosso delle arcate. L'intervento di restauro sulle strutture archeologiche del ponte Elio si è basato sulla convinzione che un monumento archeologico deve mantenere intatta la sua funzione di documento storico e che non devono subire alterazioni, con la sovrapposizione di elementi o tecniche di restauro, le tracce e testimonianze dell'originaria lavorazione. Nel caso di Ponte Elio si ha una lunga serie di precedenti consolidamenti, effettuati con tecniche e leganti tali da togliere in alcuni casi all'originario impianto statico quel grado di elasticità  necessaria a questo tipo di struttura. L'uso di grappe metalliche di ferro nei restauri del 1893 ha rappresentato la causa degli ulteriori distacchi dei travertini, lesionatisi dopo la demolizione ottocentesca delle rampe. L'intervento di restauro (nel 1994) ha investito la impermeabilizzazione dell'estradosso del ponte, la sigillatura delle sconnessioni e il consolidamento degli elementi strutturali del ponte.