Fontana di Trevi 2

La realizzazione di quella fontana rappresentò un grande avvenimento per la città  che tornava ad attingere acqua di sorgente dopo essere stata costretta per secoli ad utilizzare quella dei pozzi o del Tevere. L'entusiasmo dei romani si attenuò tuttavia sotto il pontificato di Urbano VIII (1623-1644) quando papa Barberini, per potenziare l'acquedotto e abbellire la fontana, applicò una nuova tassa sul vino. La qual cosa diede origine ad una pasquinata in latino che il Baracconi così traduce:

Urban, poi che di tasse aggravò il vino,
Ricrea con l'acqua il popol di Quirino.

Quasi tre secoli dopo l'erezione della fonte «dello Trejo» papa Clemente XII (1730-1740) decise di sostituirla con una fontana monumentale e invitò i migliori artisti del suo tempo a presentargli i progetti. Lo scopo era quello di ornare Roma di una nuova opera grandiosa e di fornirla di una maggiore quantità  di acqua potabile. Fra tutti i bozzetti inviati ed esposti al pubblico, fu scelto quello del romano Nicola Salvi, di evidente ispirazione berniniana. I lavori, iniziati nel 1735 e fatti proseguire da papa Lambertini, Benedetto XIV (1740-1758) si conclusero sotto il pontificato di Clemente XIII (1758-1769) che inaugurò l'opera monumentale il 22 maggio 1761.
La fontana forma curiosamente una facciata del Palazzo Poli, ispirandosi per forma agli archi di trionfo, e la convenzionale attribuzione della Fontana di Trevi al Bernini fa onore a questo monumento che dà  la sensazione del colossale e del ciclopico assai più di tanti edifici in realtà  ben più vasti, ma Nicola Salvi, romano (1697-1751) fu l'unico vero autore dell'opera, che lasciò solo leggermente incompiuta dopo trent'anni di lavoro, fu infatti terminata solo nel 1762. Fra gli scultori prevalsero Pietro Bracci , romano, che coadiuvò il Salvi dall'inizio e che è l'autore del gran cocchio e del Nettuno con i cavalli, e il finissimo Filippo Valle, dedito soprattutto alla parte decorativa e ai rilievi.