Piazza Venezia

Indirizzo: Piazza Venezia

La realizzazione dell'attuale piazza Venezia risulta la più grossolana violenza cui la città  sia stata sottoposta durante il secolo della sovrapposizione della capitale d'Italia alla metropoli papale.
Il colossale monumento a Vittorio Emanuele costituisce una enorme violazione di gusto e proporzioni della logica del luogo. L'ambiente originario poteva essere considerato l'anticamera del colle capitolino, il luogo dove si sono consumate lotte feroci per il controllo del colle stesso, chiave ideale del possesso della città .
Paolo II, già  cardinale Barbo, fa costruire cominciando ad interessarsi a questo luogo a partire dal 1455, una torre che dovrebbe corrispondere alla massiccia torre angolare dell'attuale Palazzo Venezia. Salendo, in seguito egli stesso sul trono pontificio, confermò la predilezione per questo luogo acquisendo numerose parcelle di proprietà  circostanti e promuovendo la creazione di un edificio degno di una dimora papale.
Mentre si edificava il palazzo, si delineava anche la sistemazione di un'adeguata piazzetta indicata con i successivi nome di piazza Nuova, pazza della Conca, piazzetta San Marco e infine "di Venezia".

Questo nome si ebbe quando il palazzo, portato a conclusione nel 1467 dal nipote del pontefice, il cardinale Marco Barbo, venne suddiviso in condominio fra il cardinale titolare della basilica e gli ambasciatori della Repubblica veneta.
La realizzazione del palazzo papale non rappresentò un fatto occasionale, esso si inseriva in un disegno di risveglio urbanistico della zona.
All'inizio del XVI secolo, anche paolo III Farnese, preferì il palazzo del Barbo alla isolata residenza vaticana. Verso il 1540 Paolo III, prolungò il palazzo Barbo mediante un viadotto ed un passaggio coperto, fin sulla pendice capitolina. La torre-palazzo di Paolo III costituì una residenza personale più che un insediamento pontificio.
Intanto intorno alla piazzetta crescevano edifici, quelli che sarebbero stati rimossi nel secolo scorso per dilatare uno spazio non più utilizzato per anacronistiche corse ippiche.
La piazzetta venne a trovarsi nel punto di congiunzione di due grandi operazioni urbanistiche: il completamento dell'asse stradale (Via Nazionale) proveniente dalla nuova stazione Termini, e la creazione di un ampio asse stradale che, raggiunse l'ansa tiberina in direzione del Tevere e di Castel S. Angelo (l'attuale corso Vittorio Emanuele).Anche il proposito di collegare mediante un'altra grande arteria (via Cavour) la stazione termini, con il centro cittadino attraverso le pendici dell'Esquilino e del Viminale, delineava già  l'ipotesi dell'arrivo a Piazza Venezia di un'altra strada importante dalla direzione della valle dei Fori.

Stava nascendo l'errore urbanistico che avrebbe accentrato su piazza Venezia i maggiori assi di attraversamento urbano e che, nel periodo fascista, avrebbe solamente trovato il perfezionamento concettuale.
Nessun altro luogo della città  ha subito manipolazioni come quelle di piazza Venezia, le altre operazioni demolitorie attuate durante il ventennio del Regime, non raggiunsero questi vertici. Nel complesso dell'operazione rimase intatto solo il palazzo di Venezia, venne distrutto anche il palazzo-torre di Paolo III, si procedette allo spostamento del "palazzetto" e all'incorporazione della piazzetta di San Marco nel gigantesco ambiente. La creazione del monumento del Sacconi rappresenta l'iniziale giustificazione di tutto il sommovimento. Esaltato come "altare della patria", doveva svolgere una funzione retorica nel periodo fascista senza radicarsi nel convincimento politico della gente e nella logica della funzionalità  cittadina.
La creazione della via dei Fori imperiali trova la sua attuazione nel 1932, quando eliminando la collina Velia, la valle dei Fori veniva aperta sulla visione del Colosseo.
Anche l'operazione di isolamento del Campidoglio, effettuata nel 1938, conseguì risultati non disprezzabili.