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Quasi tutti i pontefici del '600 si occuparono del problema della Fontana di Trevi, vagliando ogni possibile ipotesi di collocazione urbanistica del futuro monumento. Uno dei primi disegni presentati nel '700 è attribuito a Carlo Fontana, ispirato probabilmente a una delle varie soluzioni proposte da Bernini.
La questione relativa alla fontana tornò d'attualità intorno al 1728, durante il pontificato di Benedetto XII, ma le idee presentate in questa fase, sono tutt'altro che convincenti. Con la morte di papa Benedetto, l'architetto che sembrava essere il primo candidato, Benaglia, venne allontanato. Riceverà in seguito solamente un compito minore nella realizzazione della fontana.
Dopo una serie di bandi e concorsi più o meno ufficiali, venne scelto da Clemente XII, Nicola Salvi, in favore del quale si era dichiarata la commissione nella sua quasi totalità. Il ballottaggio nel 1732 sembrava essere fra i progetti del Vanvitelli e quello appunto del Salvi, ma fortunatamente venne scelto il disegno di quest'ultimo, di gran lunga migliore del primo.
Nicola Salvi saprà infondere nell'opera la propria personalità artistica, in grado di integrare la sua rilettura classica con la tradizione barocca, realizzando un monumento che stupisce per la felicità del risultato e la ricchezza della sua ispirazione.
La metamorfosi dell'acqua
L'idea iconografica a sfondo mitologico che si innesta sul tema della scogliera pensato da Salvi, si presta a varie interpretazioni. La sua allegoria è dettata da un senso della natura che affonda le proprie radici nella cultura classica e in particolar modo in Lucrezio e nella sua concezione relativa al ciclo continuo di trasformazioni che caratterizza la vita dell'universo. Uno degli aspetti più tipici del barocco consiste per l'appunto nella comunicazione per immagini a più livelli. Le statue che popolano la piazza si prestano a letture colte, attraverso le quali ricostruire in modo analitico il programma iconografico dell'artista, ma anche a letture più intuitive ed immediate. Uno dei modi attraverso i quali il Salvi intende solleticare l'attenzione dello spettatore è proprio la continua oscillazione fra il piano dell'intuizione e quello dell'esegesi più complessa, dimostrando una sostanziale adesione ai grandi cicli rappresentativi del Bernini.
Altra grande soluzione che dimostra la bontà dell'ispirazione del Salvi consiste nel modo in cui i problemi tecnici legati all'esiguità degli spazi e del dislivello esistente fra i due accessi laterali, nel lavoro dell'architetto si siano trasformati in risorse creative in grado di far scaturire soluzioni scenografiche di grande efficacia.
Concepire quel grandioso lavoro in una piazza così piccola, è stato uno stimolo per l'ingegno del Salvi che ha realizzato un'opera di grande impatto e in vitale continuità con l'urbanistica barocca della città di Roma.
L'opera del Salvi è anche il frutto dell'ampio dibattito che precedette la realizzazione della fontana. Molte immagini infatti sono di derivazione berniniana, mentre alcune varianti sono da ascrivere al Pannini. Ma la salda organizzazione plastica dell'immagine appartiene interamente all'architetto Nicola Salvi, alla sua ricchezza narrativa, al timbro quasi didascalico che assume il tema continuo della metamorfosi e della trasformazione della materia.
Le immagini proposte da Salvi come l'angolo crollante, la vegetazione pietrificata che popola la scogliera e il basamento del palazzo, sono elementi usati in modo molto personale e sistematico. Tutte le allusioni, da quelle più intellettualistiche, a quelle più spontanee, convergono verso il movimento, trascinate dall'acqua, che nella sua mobilità, nella sua mancanza di forma e per la sua capacità di trasformarsi in funzione degli stimoli che riceve, diventa simbolo e concreta manifestazione della metamorfosi.
Gli episodi narrati dal monumento possono essere letti a seconda dei punti di vista che offre l'assetto urbanistico della piazza. I vari episodi narrati all'interno del grande affresco possono essere letti anche in modo autonomo, come sculture singole.
Nel complesso la struttura della fontana appare simmetrica, terminando in una serie di bacini isolati, mentre a destra la scogliera è formata da un gruppo chiuso e compatto, opponendosi al muro che assorbe il risalire della via dell'accademia di S. Luca.
Pietra ed acqua si comunicano senza sosta una continua tensione vitale, particolarmente evidente nello studio dell'effetto naturale della scogliera e della sua struttura saliente in diagonale verso destra, che comunica l'illusione di un processo geologico di sfaldamento.
Centro ideale della magmatica composizione rocciosa è l'immagine felicissima della grande conchiglia, al di sopra della quale poggia Oceano, che dietro il personaggio sembra trasformarsi in panneggio.
L'intera composizione orchestrata dal Salvi è frutto di uno studio molto approfondito, sia dal punto di vista filosofico, sia da un punto di vista del risultato finale e dell'impatto che il monumento produce sullo spettatore.
L'effettiva realizzazione della fontana incontrò però notevoli difficoltà, anche finanziarie. I fondi necessari per l'impresa mancarono ripetutamente e ci furono numerose interruzioni. Il denaro necessario per completare l'opera fu reperito dal papa soprattutto inasprendo la tassazione su beni di prima necessità, aspetto non secondario nel complessivo giudizio che i suoi contemporanei diedero dell'opera.
Giunsero anche critiche anche da parte degli addetti ai lavori, che unite al mancato completamento dell'opera mentre il Salvi era ancora in vita, resero molto amari i suoi ultimi giorni. Solo l'enorme ondata di consenso postumo giunto fino al nostro tempo rende giustizia ad un'opera che sembra la trasposizione di un poema cavalleresco, in grado di solleticare i palati più raffinati, ma diretto soprattutto agli umili, ai semplici e al vasto pubblico, letteralmente inondato da una sovrabbondanza di immagini, icone cariche di significato e di bellezza in eterno movimento.